giovedì 21 maggio 2009

Pubblicità FIAT, e le fabbriche di morte


Le pubblicità della Barilla sono sempre state un concentrato di patetici luoghi comuni e squallidi teatrini. Fenomeni socio-mediatici per eccellenza, ritraggono la solita famiglia felice che dovrebbe ammaliare il consumatore, dovrebbe farlo anelare ad acquistare prodotti mentalmente associati a un idea di felicità, sicurezza e benessere. Anche la FIAT s’è buttata in questo campo. E se da un lato, con l’Alfa Romeo, pubblicizza un modello di sportività, velocità, di forti accelerazioni ed emozioni (alla faccia della sicurezza e dell’ambiente), dall’altro, con la FIAT, propaga la famiglia felice attorniata da tanti bei “bimbi selezionati”, utilizzati come oggetti intorno ad una macchina “bella e pulita”, che fanno disegni e s’immaginano l’auto che “va doppia” (ancora non si capisce bene se abbiano utilizzato doppiatori adulti per far parlare i bambini). Questi sono i modelli pubblicitari più squallidi, patetici e meno creativi che possiamo trovare. C’è da dire che la multinazionale fabbrica torinese non è l’unica ad effettuare promozioni di questo tipo, ad utilizzare i bimbi, o a spingere sul pedale della famiglia felice, ma le ultime trovate dei pubblicitari, con la famosa canzone dello Zecchino d’Oro (Ci vuole un fiore di Sergio Endrigo), hanno raggiunto l’apogeo dello squallore pubblicitario, ecco perché vien da dire: chi si è fatto illudere da quelle promozioni è un patetico, o una vittima delle menzogne.
La FIAT, che nella pubblicità sfrutta i bimbi per la sua corsa all’ottimizzazione dei profitti, sarebbe veramente da condannare, così come sarebbero da condannare i loro prodotti di morte: sistemi di locomozione a combustione interna, e finché ci saranno motori a combustione interna, l’ambiente non sarà mai salvato. La combustione interna significa petrolio e gas: ovvero lobby, oleodotti, guerre e missioni di pace, sistemi autoritari e corruzione; e quando si propongono nuove alternative, come l’olio di colza, la popolazione, la terra, l’agricoltura, la fame, viene sminuita e violentata per far in modo che una massa informe di milioni di elementi, chi col SUV, chi con la Ferrari, chi con la Punto, possa scorrazzare felicemente e inconsapevolmente sporcando, sfruttando e distruggendo il mondo.
E che dire degli incidenti stradali? Si è mai vista una promozione pubblicitaria che si focalizzi principalmente sulle dimensioni ridotte (eccetto che per le city-car), sulle basse prestazioni o su motori placidi e tranquilli?
E per l’ambiente cosa hanno fatto le fabbriche d’auto? Oltre a spingere per costruire strade e autostrade, hanno mai spinto per la realizzazione di stazioni e ferrovie? Esistono pubblicità di auto che promuovono i mezzi pubblici o l’uso delle biciclette? Nessuna. I fabbricanti di auto promuovono solo la morte dei loro prodotti di morte, i loro beceri motori a combustione interna (sistema che risale a qualche secolo fa), le loro bugie e la loro cultura di distruzione e di perenne corsa ai CV e alla potenza: una cultura d’annientamento per le persone e per l’ambiente. Ecco perché, fin quando i costruttori di morte, tra cui FIAT, parleranno ancora di motori a combustione interna, di CV, di accelerazioni e velocità, di grandezza, bisogna considerare la loro filosofia, la loro vita, come una defecazione, un vomito che il progresso umano e scientifico hanno prodotto a discapito della vita, della terra, dell’ambiente.

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