sabato 13 novembre 2010

Trascendere i vecchi modelli

Nella puntata di giovedì ad Annozero (11 novembre 2010), Italo Bocchino ha dichiarato che nel nuovo partito, facente capo a Fini, i valori (comuni a tutta la destra) sono l’Italia e la legalità; la giornalista Luisella Costamagna, lì ospite, ha giustamente ribadito: “ma perché gli altri [tra cui la sinistra] sono anti italiani e illegali?” Questi concetti, questi valori, sono certamente diffusi nella stragrande maggioranza degli italiani, e si potrebbe aggiungere che continuare su luoghi comini di quel tipo non si arriva da nessuna parte, quando per giunta si potrebbe obiettare, dalla parte di un comunista, di un anarchico, di uno spinellone, di un immigrato, di un cattocomunista, di un barbone, di un immigrato, di un rom, che i valori della destra sono in realtà: assolutismo, violenza, profitto e puritanesimo (in un ottica assolutista non certo spirituale). Si arriva da qualche parte con questi concetti? Si può avanzare nel progresso e nella civiltà con una diatriba da quarta elementare? Certamente no.
Nel partito di Fini restano ancora degli interrogativi aperti, restano delle leggi che portano il suo nome: la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi; così come resta la proposta di privatizzare la Rai (vecchio discorso presente persino nei programmi di 40 anni fa della P2). Gravi lacune nel processo di civiltà che il partito di Fini ha deciso di intraprendere, oppure un continuum con Forza Italia dove di diverso c’è solo il leader? Si può sperare di arrivare a una politica armonica per una società poco armonica?

domenica 7 novembre 2010

Lezioni cinesi di democrazia

Una bella notizia arriva oggi dalla Cina: “Arrestato l’architetto del Nido d’Uccello, il creatore dello stadio-simbolo delle Olimpiadi, protestava contro il governo” (da Repubblica del 6/11/2010)
E così, mentre gli USA e l’Europa implodono a causa delle politiche scellerate di una classe dirigente economica-politica sottosviluppata e cieca, il partito unico cinese, impero del nuovo secolo, continua imperterrito la sua campagna per la creazione di una società di automi, handicappati, ignoranti e violenti. Ogni forma di dissenso è punita e minuziosamente ricercata dalla polizia e dalla politica unica del partito: operazioni che in tanti, a cominciare dal Tea Party americano fino alle politiche delle destre in stile Bossi(-Fini?), sognano di poter attuare anche nelle democrazie europee o negli Stati Uniti.
E così, mentre grosse aziende e grosse imprese si arricchiscono sulla manodopera a basso costo cinese, depauperando di diritti l’occidente e l’oriente, la delocalizzazione ha ormai terminato il regalo di conoscenze e tecnologie a una dittatura aspra come quella di Saddam, ma armata come gli Stati Uniti (in una guerra le evoluzioni di tecnologie spicciole ben poco posson fare in confronto alla potenza dell’atomo).
La middle class cinese può svegliarsi? Difficile, visto che la cultura dei grossi media, la cultura scolastica, sono rigorosamente improntante su uno stile commerciale, controllate dal partito unico e con un unico imput: lavoro, consumo, lavoro, consumo. Le idee possono trovare terreno fertile nella popolazione rurale? Difficile, visto che anni di povertà sono stati cancellati a favore di nuovi orizzonti: un auto, un telefonino, una televisione, un pc per poter vedere filmetti e canzonette scaricati da qualche social network.
Questa la Cina, questo l’occidente. Da una parte un impero che cresce a ritmi forsennati divorando ogni forma di alternativa con la violenza di centurioni e governatori, dall’altra un insieme di nazioni che non riescono a trovare una via comune per il progresso, a causa degli interessi di una classe dirigente sempre uguale a se stessa (tipica di ogni basso impero) e di una popolazione alienata e ignorante, che sta perdendo la speranza in un futuro luminoso, a favore di una chiusura verso il nulla.