giovedì 31 dicembre 2009

Top10 siti più cliccati: Cina e Iran

Ecco la Top10 di un mese di traffico web (i siti/domini più cliccati) in Cina ed Iran.

In Cina sono presenti:

4 portali (il banco vince)
3 motori di ricerca
1 sito di vendite online
1 social network (stile facebook)
1 sito di sharing video



In Iran sono presenti:

4 siti per la pubblicazione e creazione di blog
2 portali
1 motore di ricerca
1 social network
1 enciclopedia libera (Wikipedia)
1 gioco online



CINA:

1#
Baidu.com
baidu.com

2#
QQ.COM
qq.com

3#
Google
google.cn

4#
sina.com.cn

5#
taobao.com

6#
Google
google.com

7#
网易Yeah邮箱
163.com

8#
sohu.com

9#
kaixin001.com

10#
youku.com
www.youku.com


IRAN:

1#
Google
google.com

2#
Yahoo!

3#
blogfa.com
Blog Provider

4#
MihanBlog
Powerful Weblog Service

5#
Blogger.com
blogger.com

6#
Tabnak.ir
tabnak.ir

7#
Cloob.com
Iranian Virtual Society

8#
PersianBlog - پرشین بلاگ
- First persian weblog service

9#
Wikipedia
wikipedia.org
An online collaborative encyclopedia.

10#
Travian.ir




(Dati aggiornati al 31/12/2009)

Repressione in Iran... ma non solo

Un Iran dispotico potrebbe essere definito come un luogo non ameno per lo sviluppo del mondo. Tutte le dittature sono un rigetto del mondo. Una “stranezza” che affonda le proprie forze nella violenza e nelle armi.
Forse i media stanno spingendo il “problema Iran” per allungare una mano verso lo stato di Israele, o per paura che una potenza come quella iranica diventi un elemento di squilibrio nel contesto mondiale e specialmente in quello d’oriente (un nuovo Saddam), o forse perché è davvero un peccato che una nazione così, con una storia che è centrale nel mondo al pari della sua posizione geografica, sprofondi in un baratro distruttivo (anche per il resto del mondo). Purtroppo l’Iran è solo un tassello nel puzzle delle dittature (non si sa se è tra le più dure visto che ci sono ancora manifestazioni e blog). Spesso gli omicidi, i liberticidi e le sopraffazioni “animalesche” di tanti altri regimi vengono trascurati, o vengono trattati solo di rado. Il caso più eclatante è la Cina: la dittatura più grande del mondo. Sono rari e sporadici, ma tutti importanti e fondamentali, gli articoli che ci arrivano dal Turkestan Orientale o dal Tibet (metà di quella Cina occupata militarmente); sono copiose e odiose le notizie sulle condanne a morte; così come incredibili per la loro semplicità (analisi elementare della realtà) le notizie di censure sul web e fuori. Poi ci sono tutti gli altri paesi dell’asse sino-sovietico: Vietnam, Birmania, Nord Corea, ecc… Una massa informe di color rossastro. Spostandoci dall’altra parte troviamo il Sud America, l’Africa e qualche altro paese asiatico o europeo: tutti sotto la stessa bandiera del degrado della civiltà umana e sociale. Attualmente la priorità viene data all’Iran, ma la vecchia Persia è solo la prima di una lunga serie.
Le dittature, anche se nei metodi possono a volte risultare complesse (dipende essenzialmente dalla tecnologia e dalla cultura, tra l’altro sviluppate maggiormente in contesti di libertà e progresso), nelle mire sono semplici ed elementari: feromone, cioccolata, petrolio, cemento ed armi. Le democrazie sono leggermente più complesse, e analizzarle, senza ricorrere a pregiudizi e limitazioni, è cosa non facile. Una critica deve essere ponderata, realista, non può prescindere da tutte le forze in gioco, e soprattutto deve tendere a migliorare ciò che già esiste. Nell’ambito di una dialettica di questo tipo, in un confronto costruttivo con un'altra persona, non bisogna mai dimenticare un quesito che giustamente e normalmente emergerebbe, con l’ipotetico interlocutore che direbbe pressappoco così: “Non devi lamentarti e dire che vivi in un paese pseudo o poco libero anche se democratico, perché ci sono posti, vedi l’Iran, dove non puoi esprimere le tue idee, dove non puoi proprio lamentarti” La risposta alla suddetta massima è presto detta: “Se sono nato in un paese democratico, se vivo in un paese democratico, se ho respirato democrazia per tutta una vita, è logico che il mio modello di riferimento socio-politico è direttamente proporzionale allo status in cui ho vissuto, se fossi nato in una dittatura mi accontenterei delle poche libertà a cui posso mirare, ma stando in un determinato contesto cercherò di apportare miglioramenti in quel contesto stesso, insomma: studiare il passato mirando al futuro”.

domenica 27 dicembre 2009

Changes?


E’ iniziato un anno. Il cambiamento, anche se nel quadro dei bisogni, non di rado diviene un processo di trasformazione lento. Un cambiamento s’è palesato nelle stanze ovali di Washington. Una boccata di informazione s’è avuta col trattare argomenti scomodi al premier. Ancora c’è un mare per poter iniziare a vedere qualche verità sui media, sul conflitto di interessi, sui monopoli.
Qualche tempo fa apparve su Repubblica un articolo che “gioiva” alla diffusione di alcuni libri “proibiti” in Nord Corea, ed erano accennati dei passi di George Orwell, preso a modello come libero pensatore nel contesto bolscevica e comunista: pareva quasi che 1984 fosse stato scritto per i comunisti e contro i comunisti (strano che su Focus lo stesso scrittore britannico venne definito “comunista”). Mancavano, nelle citazioni, dei passi forse importanti, mentre stavano citate alcune righe riguardanti un libro di storia per bambini, e la relazione tra la figura del Grande Fratello e il Partito (espressamente associato da Repubblica al partito comunista). Insomma, voler citare Orwell, significa farlo diventare comunista o anticomunista: questa è l’unica soluzione eccezion fatta per l’eliminazione totale (rogo) dei suoi libri. Ma ecco cosa probabilmente si son scordati di scrivere:

“Da qualche parte stavano i cervelli pensanti, rigorosamente anonimi, che coordinavano il tutto e fissavano le linee politiche che imponevano di preservare, falsificare o distruggere un determinato frammento del passato.”
“Vi si producevano giornali-spazzatura che contenevano solo sport, fatti di cronaca nera, oroscopi, romanzetti rosa, film stracolmi di sesso e canzonette sentimentali composte da una specie di caleidoscopio detto ‘versificatore’. Non mancava un’intera sottosezione (Pornosez, in neolingua) impegnata nella produzione di materiale pornografico”
“Il lavoro pesante, la cura della casa e dei bambini, le futili beghe coi vicini, il cinema, il calcio, la birra e soprattutto le scommesse, limitavano i loro orizzonti.”
“Le bombe-razzo che cadevano tutti i gironi su Londra erano probabilmente sganciate dallo stesso governo dell’Oceania ‘per mantenere la gente nella paura’ ”
“Su un piano concreto, comunque, la guerra coinvolge solo un numero esiguo di persone, per la massima parte truppe altamente specializzate, e causa perdite relativamente limitate. I combattimenti, quando ci sono, si verificano in località di frontiera la cui ubicazione è praticamente ignota all’uomo comune.”
“Nello stesso tempo, la consapevolezza di essere in guerra, e quindi in pericolo, fa sì che la concentrazione di tutto il potere nelle mani di una piccola casta sembri l’unica e inevitabile condizione per poter sopravvivere”.


Ecco il numero di Repubblica di oggi (27 dicembre 2009), il sunto di una quarantina di pagine (il resto sono spettacoli, tv, sport e cronaca locale):
Prima pagina, titolo CUBITALE: “Terrorismo, torna la paura sui voli”
11 + 1 pagine sono state dedicate al terrorismo e alle guerre, alla sicurezza del Papa, all’Iran e all’Afghanistan e alla loro cattiveria, ad Al Qaeda
9 pagine di pubblicità (a piena pagina)
7 pagine tra cronaca nera, meteo e gossip
4 pagine di curiosità (animali, vini, “Cortina d’Ampezzo e Madonna di Campiglio”)
3 pagine di politica: il riassunto delle riforme di Berlusconi, e un po’ di spazio al PD e “all’inciucio”
3 pagine di economia


PS
Di seguito la parte citata da Repubblica nell’articolo “Leggere Orwell a Pyongyang” del 28 ottobre 2009:
“Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. Era come se qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l’evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi. Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile che prima o poi succedesse, era nella logica stessa delle premesse su cui si basava il Partito. (…) Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l’aveste pensata diversamente, ma che potevano avere ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro?”
Certamente Orwell prese come riferimento le tristi vicende sovietiche, ma se la Fattoria degli Animali è palesemente dedicata al famoso partito “dell’uguaglianza” e alle sue vicende, 1984 è un qualcosa di più, è un espansione del pensiero che si estende, e abbraccia il mondo, dalla nebbiosa Londra del 1800 alla fumosa Shanghai del 2099.