venerdì 27 marzo 2009

Sicurezza stradale: media e politica

L’arrivo della stagione calda, e l’allungarsi delle giornate, provoca effetti che non tutti sono in grado di percepire, e fa si che alcuni fenomeni sociali intensifichino la propria attività. Tra questi il più pesante è quello degli incidenti stradali. Dati incontrovertibili dell’ISTAT dimostrano come il numero d’incidenti stradali aumenti d’estate. Questo a causa di diversi fattori, alcuni riscontrabili matematicamente, altri semplici illazioni in quanto la scienza moderna ancora non studia certe fenomenologie umane e sociali: ad esempio maggiore esposizione alla luce, temperature maggiori, macchie e radiazioni solari, particelle cariche elettronicamente, pollini, ecc…. Ma la causa principale è forse la seguente: un numero maggiore di auto in circolazione, sia di giorno (allungato rispetto all’inverno) che di notte, e un numero maggiore di persone che durante la stagione calda utilizza l’auto.
La stragrande maggioranza di questi incidenti probabilmente è evitabile, e pensandoci bene, oltra ad alcuni già in uso, bastano pochi accorgimenti per migliorare la sicurezza delle strade: auto meno potenti, auto di dimensioni più ridotte, strumenti elettronici che regolano la guida , sistemi che filmano e rilevano il mancato rispetto del codice della strada (scatola nera e altro), piani educativi e mediatici rivolti a tutta la popolazione. Ma la politica, supportata dalla solita attività zerbinante dei media, per adesso non prende in considerazione quelle misure, anche perché ci vorrebbe un coordinamento di tutti i principali governi mondiali (o quanto meno di tutta l’Europa), e relega il problema della sicurezza stradale a due soli argomenti: i giovani, e i drogati. Anche le ultime norme che stanno portando avanti sono relative a quelle due categorie. Un passetto avanti si è avuto con l’iniziare a parlare di scatola nera all’interno delle automobili, ma questa briciola per costruire delle fondamenta su un discorso serio sull’argomento, crolla quando leggiamo il resto dei nuovi provvedimenti e le solite chiacchiere sulla guida in stato d’ebbrezza e sui giovani (attaccare i più indifesi è sempre facile). Questi hanno raggiunto il parossismo circense non tanto con le misure sulle fasce più in erba della popolazione, misure sempre uguali a se stesse, ma con ancor più incredibili e allucinanti psicopatologie della nuova era moderna: se un individuo guida ubriaco fradicio, non riuscendo a biascicare una parola, non reggendosi in piedi, non provocando però incidenti, non starà il carcere al contrario di un altro che magari ha fatto solo un tiro a uno "spinello", non ha provocato incidenti, e nella realtà delle cose risulta pressoché lucido.
L’inasprimento delle pene per i guidatori sotto l’effetto di droghe illegali o legali [*], e il relegare il problema degli incidenti solo a giovani neopatentanti, o al massimo camionisti stanchi, è una vecchia solfa che tutti si sorbiscono bevendo la solita diarrea dal calice dell’ignoranza e degli affari. Le statistiche ISTAT rilevano come solo una piccola parte d’incidenti è dovuta a guida in stato d’ebbrezza (nel 2005 era il 2%), solo una minima parte avvengono durante il fine settimana: certo, magari questo tipo di sinistri risultano più gravi, ma basta guardarci in giro, anche senza nessuna statistica, per renderci conto di come a guidare come bestie non bisogna esser né giovani, né donne, né camionisti, né sotto l’effetto di droghe illegali o meno.
Ma i media zerbinanti, la totalità in questo caso, non si pongono questioni, non si domandano il perché delle cose, non propongono interrogativi, soluzioni o “consigli” ai politici: il problema degli incidenti sulla strada sono i giovani e i drogati. La potenza delle auto, che ormai quasi tutte, anche le utilitarie, raggiungono i 100Km/h in pochissimi secondi, le dimensioni delle stesse, l’ignoranza culturale e civile dei guidatori (in Italia la maggior parte), il non rispetto continuo del codice della strada (velocità, distanze di sicurezza, indicatori di direzione, ecc…), non sono problemi, non sono la causa: dunque non parliamone proprio. E quando si dice “proprio” lo si dice sul serio: qualcuno ha mai visto un TG, o ha mai letto un giornale, dove sono citati questi punti? Mai!, il problema sono i giovani, e gli ubriachi. Ecco perché tutte le norme e le leggi fino ad oggi applicate non sono servite quasi a niente; ecco perché ancora oggi ci troviamo con una quindicina di morti al giorno (senza considerare paralitici e feriti); ecco perché, ancora oggi, l’unica soluzione proposta sono posti di blocco con l’unico intento di trovare “psicoattivi” (chi più chi meno), o al massimo di rilevare la velocità ; ecco perché ci si scorda spesso che c’è gente che si beve una bottiglia di vino e guida perfettamente, altri invece che senza nemmeno aver toccato un Mon Cheri guidano come cani (nel senso stretto della parola).
Ma il mondo è questo: finché non ci saranno sistemi automatizzati che tolgono dalle mani dell’uomo la possibilità di decidere la propria andatura in maniera non coscienziosa e di non rispettare il codice, finché non faranno auto più piccole e meno potenti (che quindi inquinano anche di meno: uniamo l’utile a “dilettevole”), finche le forze di polizia non potranno sanzionare solo e solamente chi commette infrazioni alla guida, finché media e politica non saranno civilizzati, ci troveremo sempre in questo medioevo stradale, in questa strage senza fine.


[*]
Tra le legali l'unica che viene cercata nelle analisi chimiche è l'alcool.

mercoledì 25 marzo 2009

Un modello di riferimento per tanti italiani

Se ci fosse stata un opposizione, durante gli anni di governo in cui questa ha esercitato il proprio potere, avrebbe di sicuro votato una legge sul conflitto d’interessi, ma come sappiamo ciò non è mai avvenuto. Ed è per le stesse spinte (P2, ex-democristiani, socialisti o amichetti vari) che quando erano al governo, qualcuno provò a proporre una delle leggi che molti parlamentari avrebbero immediatamente approvato, ma che a causa della posizione geografica e politica in Europa, non hanno potuto portare a termine. Una di queste è la legge antiweb di Levi-Prodi, che è citata addirittura su wikipedia. Poi c’ha provato un altro che al governo non stava, a dimostrazione di come sono tutti della stessa "compagnia", ovvero D’Alia dell’UDC. L’UDC è un partito allucinante di quattro gatti, che ha voti essenzialmente in Sicilia (regione in cui i vari “don” ancora comandano), e dalla cui isola arrivano sul suddetto partito essenzialmente notizie giudiziarie.
I nostri politici smaniano, si sentono eccitati, attratti, hanno voglie stuzzichevoli, il loro modello di civiltà è di una luce intensa, li illumina come una luna in una notte serena, vorrebbero afferrarla ma non riescono mai a toccarla. Eppure, oggi che le vecchie vie non sono più in uso, arrivare in Cina è un gioco da ragazzi, raggiungerla una questione di poche ore, ma c’è sempre questa maledetta Europa, ci sono sempre quei pazzi del Nord America con le loro teorie assurde sulla libertà di pensiero, la libertà di parola, la libertà di stampa. Allora buttiamoci verso la Russia! Ma la Cina è meglio della Russia. Nella terra di Putin i giornalisti sono costretti ad ammazzarli, ma il web rimane per lo più immacolato. In Cina invece no, stanno più avanti. E’ quello un modello di riferimento per tanti uomini di potere italiani, ineguagliabile: "Magari potessimo fare le stesse condanne a morte che fanno in Cina!” commenterebbero in tanti. “Perché lì non dicono niente se la gente non ha libero accesso all’informazione?” penserebbero altri. La terra del comunista Mao ha finalmente spopolato anche tra i detrattori del comunismo, una sfilza di miscredenti che per anni hanno infangato russi e cinesi, e sono andati avanti nella loro carriera da sottosviluppati con lo spauracchio comunista, e che adesso guardano e si aprono al modello cinese: un sistema giusto che nobilita il genere umano e lo fa espandere al di fuori dei confini della scienza e dell’arte.
Ma purtroppo la Cina non è l’Italia, ancora devono passare anni prima che il governo italiano, o il Re, possa finalmente eliminare, con lo schioccare delle dita, non solo YouTube, ma tutto il web; non siamo pronti per poter finalmente agire come la stragrande maggioranza di una certa tipologia di persone vorrebbe: la terra della muraglia sta un passo avanti a noi, ma per adesso non la raggiungiamo. Ma non disperiamoci: tra i nostri politici che non fanno parte del PdL (comunque per non esser da meno l'attuale governo si sta attrezzando) , ci starà sempre qualcuno pronto per limare strumenti scomodi come YouTube, i blog, i forum, e il web in genere. E se qualche cinico provocatore in teoria può azzardare l’ipotesi che censurare YouTube non ha molto senso perché tanto la maggior parte dei video, e degli utenti, lì presenti, sono il frutto di una cerebrocondizione indotta o volontaria e dell’indifferenza, la risposta è presto data: ci potrebbe essere sempre qualcuno non omologato, come d’altronde stanno, che potrebbe, a causa di connessione neurali più complesse, influire negativamente sul resto degli users. Insomma, come il governo cinese insegna, è meglio tagliare tutto che non correr il rischio di trovarci davanti scomode verità difficilmente rintracciabili e cancellabili, o ancora più grave, il rischio di lasciar troppo spazio di pensiero ai “cervelli connessi”, lasciarli liberi di interpretare e giudicare, di staccarli per un attimo dai soliti prodotti cerebrolesivi che molti uomini di potere vorrebbero diffondere a tutto il genere umano.

domenica 22 marzo 2009

Il TG3 segue lo scioglimento di AN...

Perché il TG3, notoriamente accusato di essere di sinistra, ha dato tanto spazio alla fusione di AN nel nuovo partito del Sovrano? Di Bella non è un uomo di sinistra? Oppure alle spalle della sinistra ci sono elementi che non hanno mai abbandonato i vecchi compagni della P2 e della DC? Sono due giorni che tutti i TG danno questa notizia come la più rilevante negli ultimi mesi, un passo fondamentale per il Paese: e anche il TG3 non è da meno. Ma se ci addentrassimo nei meandri della realtà e della storia, ci accorgeremmo facilmente di come il partito di Fini si sia unito a quello del monarca ormai da anni, altrimenti non avremmo avuto l’ex condottiero come presidente della Camera, e candidato ideale, per moderazione e apertura (LOL), alla presidenza del consiglio per un futuro Regno d’Italia. Non avremmo nemmeno avuto un AN-PdL senza l’apporto mediatico del Sultano: chi si dimentica ad esempio di come Striscia un tempo tempestava di pungenti critiche e “satira” Fini&Co., e da un giorno all’altro ha attuato gli stessi pesi e le stesse misure che utilizza per Forza Italia?
Così il TG3, quella banda di comunisti, invece di dare il giusto spazio a una notizia che d’importante e rilevante non ha molto, invece relegarla a prima notizia, come magari è anche giusto che sia, per un giorno solo, gli hanno dedicato due giorni di gloria e fausti, di considerazioni, commenti e interviste. Lo scioglimento di AN va seguito, va amplificato, bisogna finalmente scrostarsi da quelle illazioni che in molti farebbero riguardo al vero spirito di libertà e progresso, non solo della vecchia “Alleanza”, ma di tutto il nuovo “Partito”; bisogna considerare questa nuova formazione (il PdL) come funzionale allo sviluppo di questa nazione, di questa popolazione, insomma: bisogna esser tutti amici, cancellare le vecchie ruggini dimenticando e facendo finta di niente, e prostrarsi umilmente al sovrano. Ma saranno vere queste illazioni?
E’ difficile dire quanto ci sia di buonafede in queste dinamiche, ma è facile rilevare come l’informazione, per seguire la “concorrenza”, si ritrovi a produrre pessimi prodotti culturali, e ad appiattirsi a un livello davvero mediocre, sminuendo tra l’altro anche il proprio lavoro.

venerdì 20 marzo 2009

Proposte contro anoressia e bulimia?

Tra le innumerevoli e squisite notizie che il TG5 propaga ogni dì, a molti non sarà sfuggita l’ennesima proposta di questo governo, frutto della solita cultura scimmiesca dalle visioni da sottosviluppo: umano e civile. La proposta è quella di istituire la pena “d’istigazione all’anoressia e alla bulimia”, nei confronti di siti web che sono denunciati d’esercitare pericolose influenze nella mente dei più giovani: insomma, criminalizzare il web accusandolo di diffondere siti, blog e forum che istigherebbero appunto a queste due forme di disagio psico-fisico. Già non è difficile immaginare in che modo politicizzato potrebbe essere utilizzato il suddetto reato, e in genere qualsiasi reato di “istigazione a delinquere”, ma il nocciolo serio della discussione è questa serie d’accuse, generalmente amplificate e spesso non fondate, nei confronti dei nuovi media. Questo provvedimento, infatti, è solo l’ultimo di varie proposte che tendono tutte nella direzione della censura e della contraddizione, e si aggiunge a quello di un parlamentare dell’UDC (D’Alia) il quale avrebbe voluto la chiusura d’interi network e siti, qualora ci fosse stato all’interno anche un solo elemento d’istigazione all’illegale.
Comunque, tralasciando anche il cuore del problema, ovvero le proposte sul modello Cina - Corea del Sud, adesso il nuovo nemico da abbattere sono i “promotori” online di bulimia e anoressia: dunque puniamo questi nuovi terroristi informatici.
In Italia, a quanto pare, è istituito un premio per chi porta aventi le idee più inutili, divertenti e contraddittorie, e se tante di queste idee passano come decreti, è solo perché il Parlamento è divenuto un’istituzione inutile, e a decidere sono solo gli esperti di marketing col beneplacito del sovrano. La contraddizione è presto detta, è evidente: basta riflettere pochi istanti, per collegarci mentalmente a tutto un sistema di promozioni e campagne indirizzate a incentivare il consumo di prodotti e centri dietetici, estetici e di dimagrimento. Che facciamo dunque? Accusiamo in futuro d’istigazione (visto che la proposta di legge fa riferimento solo al web) anche le aziende e le società che producono e si occupano di dimagrimento e riduzione del peso corporeo? Le tv, i giornali, e i gestori di pubblicità che le promuovono? Non è difficile accorgersi di come siamo bombardati da copiose reclame di prodotti dietetici; non ci vuole molto nemmeno a notare la fisionomia dei modelli a cui conformarsi, sia maschili che femminili: palestrati e senza un filo di grasso; poi ci sono le veline che non posseggono massa grassa eccetto per glutei e seni; nelle sfilate di moda le modelle sono acciughe che spesso non ispirano nemmeno le virili voglie a causa della magrezza in stile campo di concentramento. Insomma: il modello di bellezza, le “proporzioni perfette”, sono magre.
Dall’altra sponda, quella dei bulimici e dei soprappeso, le cose vanno alla stessa maniera. Certo!, i modelli di riferimento non sono grassi, ma non possiamo comunque trascurare quanta promozione pubblicitaria, e negli stili di vita, è indirizzata verso prodotti e campagne che non “mirano” a una dieta sana non abbondante di grassi: fast food, creme spalmabili, salumi, dolci e merendine, caramelle, ecc… I risultati di queste dinamiche sociali li abbiamo sotto gli occhi: malattie cardiovascolari e tumori.
Concludendo. Queste proposte da film comico, pompate dagli organi di propaganda del Re, servono solo per tenere contenta una parte di pubblico, così da vedersi tutelata da questo buon governo nei confronti di quei cattivoni mascalzoni che inducono le più giovani verso i lidi della disperazione, e della malattia psico-fisica, e servono per accrescere e acutizzare uno stato febbrile e incosciente, che non crea le basi per un progresso umano e civile, ma bensì spalanca le porte alle contraddizioni, ai palliativi, agli spauracchi, alle censure, al nulla.

mercoledì 18 marzo 2009

La psicoinformazione

Uno statistico che lasciò l’Italia in una condizione di progresso, sviluppo e cultura stratosferica, e che tra l’altro non era né poeta, né santo (visti i morti), né navigatore tom tom, un giorno disse che questa nazione era appunto popolata da santi, navigatori e poeti. Se quell’importante premio nobel della società e della psicostoriografia fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe definito gli italiani come un popolo di psicopatici e malati. E ne avrebbe avuto tutte le ragioni. Sfortunatamente (o fortunatamente a seconda dei casi) questa condizione è trasversale non solo al nostro paese, ma anche al resto degli “alleati occidentali”; e non solo!, in questo stato non vi ritroviamo nemmeno indirizzi d’appartenenza politica: finalmente “destra e sinistra” sono tutti amici, sono tutti uniti contro questo male che coinvolge milioni di persone, intere fasce della popolazione: chi di noi no ha mai avuto un parente o un conoscente, che da un giorno all’altro è andato fuori di testa e ha iniziato ad ammazzare chiunque avesse incrociato sul suo cammino? Quanti di noi non hanno avuto dei cugini o dei genitori che hanno commesso un infanticidio? Sicuramente la maggior parte. Ed per questa ragione che i media ci informano così riccamente e approfonditamente su ogni episodio di quel tipo, ci porgono una conoscenza dei fatti così approfondita, da renderci tutti partecipi ed esperti di quelle disgrazie così comuni e frequenti. E se ciò non bastasse (ringraziamo il cielo!) ci vengono in soccorso gli stranieri con vicende ancora più incredibili, che qui, nell’Italia degli abusivi, nemmeno ce le sogniamo: ancora troppe poche armi in circolazione, e ancora solo nelle mani di “guardie e ladri”. Dunque ringraziamo e dedichiamo dei monumenti a quei giovani (uno tedesco, l’altro americano), che pistola in pugno, hanno ammazzato a vista chiunque incrociassero. Fa sempre piacere sentirci in comunione con gli stranieri, e i media questo lo sanno, ecco perché c’hanno deliziato anche con l’inizio del processo all’austriaco che ha segregato e violentato la figlia per anni: un nuovo caso che si aggiungerà ai vari Garlasco, Erika e Omar, Erba, Cogne, ecc… ovvero la quasi totalità dell’informazione italiana eccetto per il calcio e gossip, meteo e le interviste tipo conferenza stampa ai politici.
Comunque il caso ha voluto che la notizia dell’austriaco, sia stata messa in secondo piano da un fenomeno che rimarrà identico per altri decenni, se non secoli: il randagismo. Anche se di stampo meridionale, il randagismo ha attirato l’attenzione mediatica a causa della morte di un bambino, e non solo: probabilmente l’informazione avrebbe accantonato la notizia il giorno dopo, se non fossero successe altre aggressioni, una delle quali a una turista tedesca (e si sa che in tanti vedono un futuro solo coi soldi che gli stranieri portano). E quindi un’altra bolgia, un gran parlare di questa piaga, tutti a lanciare proposte, le forze dell’ordine riprese con la pistola in mano mentre danno la caccia e sparano ai cani (un scena così avrebbe ispirato pure Mr.Bean), istituzioni che si mostrano solerti a risolvere il problema, finalmente risolveremo la piaga del randagismo! Ma se non ci sono soldi da dedicare alle persone, alla cura e all’istruzione, alla ricerca, agli anziani, come si può immaginare di dedicare fondi per dei cani randagi? Infatti non si risolverà nulla, e rimarrà tutto così com’è, fino a quando non verrà sbranata un’altra persona, e risentiremo da capo tutta la caciara mediatica, la stessa solfa, che durerà giusto quel che serve per produrre dell’informazione malata e psicopatica.

sabato 14 marzo 2009

Di Pietro e Corona


Il trash visto da Blob non può essere minimamente paragonato a quello esposto nella vetrina berlusconiana, in quanto non solo cambiano il mezzo di diffusione (non intendo l’emittente) e il contesto in cui esso si colloca, ma è il fine a determinare la condizione di questa spazzatura: per Striscia è solo un modo per diffondere stili, modelli e comportamenti televisivi, è un mezzo di promozione per il resto della mondezza catodica, che offusca il naturale progresso del genere umano; per Blob invece è una critica e un modo di produrre qualcosa di concettualmente più intenso. Medesima cosa quando si prende in giro il Re Silvio: a Striscia non lo fanno certo in uno spirito satirico, e quindi di critica reale, è solo un modo per parlare del loro padrone, con cui il gran visir Ricci fa del suo meglio per non trattare mai i temi scomodi al cavaliere (il processo sulla legittimità a trasmettere di Rete4, Dell’Utri, ecc…). Comunque, non sputiamo sul piatto dove mangiamo, e cerchiam di trovare il meglio ovunque esso possa celarsi, e riflettiamo su uno spunto che solo attraverso le frequenze di Canale5 abbiamo potuto trovare: una trait d’union tra Di Pietro e il ribelle Corona.
Naturalmente il primo pensiero ad emergere è questo: ma che c’azzecca Di Pietro col ribelle Corona, adesso partecipante a uno degli innumerevoli reality Mediaset? C’azzecca, e come c’azzecca! Per Striscia la Notizia c’azzecca sempre; e se c’è il marchio di qualità del Gabibbo, allora potete stare sicuri di un prodotto d’indubbio valore. Così, in quel minestrone sporco, ci siamo trovati anche ad assistere a relazioni di questo tipo.
Si sa, che la cosiddetta rubrica denominata “I Nuovi Mostri”, altri non è che una imitazione del più famoso “Vota Antonio” di Blob, solo che il primo ha come gran parte del target una massa informe di nulla vagante nello spazio vuoto, il secondo un pubblico di gran lunga più attento e sagace: ecco perché posson copiare tutta la trasmissione blobbiana, ma difficilmente qualcuno se ne accorgerà. Stessa cosa con Paolini, quello che compare nei TG, e che fa segni e corna dietro ai cronisti: soggetto nelle pagine di Blob già molto tempo prima che Ricci lo utilizzasse per il suo programma, e aizzasse la “popolazione” a invettive contro quello che alcuni definiscono (non so se a ragione) un “genio” della televisione (dal mio punto di vista preferisco di gran lunga cinque minuti di Paolini, che un anno intero dei cloni TG5 e TG1 messi insieme). Ma torniamo ai “Nuovi Mostri”. Dopo aver assaporato una parte della classifica del trash televisivo, che prima contava se non erro cinque posizioni, mentre adesso siamo passati a otto (come a dire: melius abundare, quam deficere), ci siamo trovati alla seconda posizione Di Pietro, in una trasmissione di RaiTre, “Cominciamo bene”, in cui se la stava ridendo, e nella quale il leader dell’Italia dei Valori aveva fatto delle battutine nei confronti della conduttrice, che non erano né volgari, né offensive, ma erano solo delle piccole allusioni ad ipotetici e fittizi appuntamenti tra i due (certo non stiamo ai livelli delle veline sulle quali mega primi piani delle parti intime allettano milioni di persone). Dopo aver dunque assistito al peggio della TV, con sette spezzoni del trash più trash che si possa immaginare, con squallidi reality, finti provini di X-Factor, Sgarbi che emanava versi incomprensibili cercando d’imitare Wanna Marchi, ecc…, ecc…, sul podio c’è il buon vecchio Di Pietro, finito al secondo posto: posizione d’onore preceduto solo da una delle scene più trash della tv. Come prima posizione infatti c’era un altro reality, trasmesso da Canale5, in cui il ribelle Corona stava litigando con un attore siciliano di successo negli anni ’90; le stesse immagini erano stati inserite naturalmente in un contesto più dinamico, dagli stessi di Blob, ma non ci avevano fatto vedere (almeno di questo ringrazio Ricci) come si concludeva questo finto litigio: un personaggio (uomo), credo della scuderia della De Filippi, che baciava i piedi di Corona: no comment.
Non è il caso di commentare una visione così incredibile, ma rimane un fatto indiscutibile: mettere sullo stesso piano, inserire in sequenza cronologica, tra i pochi parlamentari che fanno opposizione a Berlusconi (gli altri oppositori stanno fuori dal Parlamento), con il ribelle Corona che si fa baciare i piedi da un’altro uomo. Non c’è d’aggiungere molto, le conclusioni sono presto dette, i risultati sotto gli occhi di tutti: l’oscuramento delle facoltà umane stanno sempre sotto il giogo di esseri propensi a non slanciarsi verso lidi cristallini e limpidi, ma sono ameni ad ambienti lugubri e melmosi, un fango che per adesso non fa trasparire segni di un miglioramento, di una condizione più elevata dalle proprie opere mentali.

mercoledì 11 marzo 2009

L'informazione zerbinante sulla "Cina" occupata

Stavo ridendo su Blob, e tra gli altri è comparso un mezzobusto del TG1 (non so di quale edizione) che stava per dare una notizia, quando non ha retto a una serie di colpi di tosse, il classico pizzico alla gola, di quelli che un giornalista o un cronista radio televisivo non augura a nessuno . E di nuovo qualche risata prima che il clip cambiasse verso un altro spezzone. Lì per lì non ho riflettuto tanto alla notizia che il povero ometto stava riportando, ma dopo, in un baleno, mi sono rimbombate in mente queste parole:
“A cinquant’anni dalle proteste in Tibet che hanno costretto il Dalai Lama all’esilio.”
La disinformazione anti-tibetana e filo-cinese è un qualcosa di funzionale nell’informazione stessa, visto che la Cina rappresenta un fattore importante per svariati giochi. Le notizie dei media sulla faccenda Tibet sono attualmente sotto la gogna delle omissioni, e della distruzione sistematica della storia a favore di una rivisitazione in chiave moderna. Questa politica zerbinante s’estende in tutte gli affari sporchi dei cinesi: dall’ambiente sfregiato, ai diritti dei lavoratori-schiavi; dalle scuole per creare bambini-automi, alle migrazioni forzate d’intere popolazioni a seconda di come il governo decide; dalla corruzione interna, alla distruzione delle abitazione dei meno fortunati per far posto a grattacieli; dalla pena di morte, alla censura di YouTube, Google, e il web in genere. Anche durante le Olimpiadi, momento che avrebbe potuto fare da cassa di risonanza, i giornalisti sono rimasti impostati nella condizione di dover leggere bollettini politici, equivalenti a svariati comunicati che ricevono quotidianamente, per far la cronaca di quei pazzi che protestano, protestano, e nella loro vita non fan altro che protestare: perché? Non è dato sapere.
Parlare del Tibet, per l’informazione mediatica standard (tranne che per qualche elemento illuminante), significa parlare di un manipolo di rivoltosi che, per quanto “buoni” possano essere, sempre di pericolosi elementi si tratta. Accennare alle vicende storiche di quella nazione sembra esser impossibile: c’è da studiare troppo?, c’è il rischio di far rivoltare Mao nella mummia?, ci saranno rischi per le provviste d’involtini primavera? Chissà quale sarà il motivo. Ed è snervante che quando devono trattare quell’argomento, non emergono in alcun modo, da quelle quattro righe che una volta ogni cinque o sei mesi dedicano al problema, le vicissitudini reali di quelle popolazioni, i cambiamenti che hanno subito, le offese, le vessazioni, gli arresti, e le condanne a morte. Difficilmente sentiremo parlare di una zona strategica di confine, di miniere, di un posto ideale per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi e di test nucleari, dei suoi ghiacciai che riforniscono d’acqua gli stessi invasori: dei tibetani avremo sempre l’immagine dei ribelli disadattati, che per quanto buoni possano essere, saranno sempre dei disertori della pace. Comunque poco importa se nella vita quotidiana sono dei "sottoposti" che non hanno accesso alle strutture amministrative, se sono costretti a rinnegare la propria cultura per adattarsi a quella standardizzata cinese. E se l’arrivo dei maoisti doveva liberare il Tibet dallo schiavismo e l’oppressione feudale, in realtà la storia s’è conclusa in una migrazione di milioni di cinesi (compreso esercito) che hanno letteralmente invaso quella terra, rendendola ancora più povera di come non lo fosse un tempo, sicuramente come qualità della vita spirituale e sociale, e probabilmente anche come stili di vita. Ma che possiamo farci: i monaci tibetani sono dei rivoltosi, e come tali sono pericolosi terroristi, che qualsiasi cosa dicano e facciano sarà sempre sbagliata, e i media fanno bene a considerarli tali, altrimenti c’è il rischio che dicano la verità.


PS
Accennare al Turkestan è anche inutile, perché quelle popolazioni, oltre che essere terroristi e rivoltosi, sono anche musulmani: quindi mettiamoci bene in testa che non esiste un Turkestan, è solo un invenzione degli anti-cinesi.

lunedì 9 marzo 2009

Adolescenti? Meglio in TV che sul Web.

Tutelare i più giovani nei confronti di situazioni poco piacevoli è sempre un qualcosa di giusto. E fare luce su certe dinamiche comportamentali è un buon segno. Trattare un argomento significa cercare di creare un quadro il più completo possibile che risulti idoneo per un analisi corretta, dalla quale cercare soluzioni e proposte.
Quel programma d’intrattenimento e promozione che si chiama Studio Aperto, aveva giù dato un’anticipazione (ovvero aveva trasmesso qualche spezzone) del servizio delle Le Iene avente come argomento: “una tredicenne che chatta in pieno pomeriggio”. Hanno svelato un mondo che a molti può aver fatto crollare delle certezze, in tanti si saranno fatti prendere dalla paura e si saranno proclamati paladini dei giovani: e a buona ragione. Il servizio è stato divertente, anch’io ero allo oscuro di come dei ragazzetti, di fronte a una coetanea in webcam, non ci pensano due volte e sciorinano i propri attributi in pieno fragore puerile. Il pezzo, della durata di circa quindici minuti, s’è chiuso con una battutina, durata un paio di secondi, rivolta ai genitori che in teoria si sarebbero precipitati a controllare se il figlio stesse a chattare sessualmente. Almeno quello! Almeno una sola battutina è meglio di niente. Perché non ci vuole Freud a capire che, in un contesto del genere, dovrebbero essere i genitori a controllare e vigilare su un utilizzo più proficuo del web, senza inutili generalizzazioni, senza criminalizzare uno strumento che fino a una quindicina d’anni fa era praticamente inesistente; non ci vuole nemmeno Jung per comprendere che quello che fanno i ragazzetti adolescenti, lo fanno anche ciucci vecchi, essenzialmente con donne pagate per spogliarsi innanzi una cam o dal vivo, e se con le possibilità giuste, si organizzano anche festini con “mignotte” d’alto borgo, coca e champagne.
Ma passiamo alle cause: nemmeno accennate durante tutto il servizio. Bisognerebbe focalizzare l’attenzione (e qui entriamo nel trito e ritrito), su certi modelli sociali che la tv italiana ha pompato negli ultimi anni, ovvero da quando la concorrenza alla RAI è divenuta una corsa alla distruzione della dignità dell’intelletto umano, dove miti ed eroi sono solo veline, calciatori, comici che non fanno ridere, mezzi busto in stile zerbino, gaudenti politici corrotti, e chi più ne ha più ne metta. E sarà stato forse per questi paradigmi, che appena concluso lo spazio di critica al web, Le Iene hanno potuto trasmettere (visto che il target giovanile lo richiede) un’apologia della cultura del nostro tempo: quarantacinque minuti (tranne che per una decina di pubblicità) di interviste agli eroi, agli idoli, alle stelle delle masse giovanili, e perché no!: anche dei più vetusti. In primis c’è stato il ribelle Corona con la sua amica velina adesso amante (notizie d’importanza strategica), Belen Rodriguez. Subito dopo invece la gente, per circa mezzora, ha potuto assistere a un’intervista doppia con altre due leggende moderne: Francesco Totti e Ilary Blasi, la quale, visto che i giovani vanno educati, ha dichiarato apertamente di come abbia chiesto al suo amato Francesco, la prova d’amore di correre a una certa velocità in auto: un esempio di coraggio e integrità che a confronto James Dean si fa una pippa.
Comunque il pericolo rimane il web, e le nostre figlie tredicenni vanno tutelate da quel mostro che andrebbe censurato e proibito senza mezze misure (*), e anche chi critica questi come unici modelli sociali e culturali andrebbe censurato e proibito; perché il futuro delle nuove generazioni è azzurro, è blu, è di tutti i colori che una velina può indossare, di tutte le tinte che una maglia di calcio può racchiudere. Il futuro dei nostri figli è un mondo di cultura e ragione, di spiritualità e natura: ecco perché il prossimo divenire, il nostro avvenire, la loro condizione, sarà fatta di donnine che vanno pagate e utilizzate come merci, un mondo dove a scuola finalmente insegneranno nuovi balletti, nuove canzonette, tante gag comiche, e i voti varranno assegnati in base alla bellezza fisica e alle doti seduttive.

(*) Un grazie a Levi l’amico di Prodi, e a D’Alia l’amico di Cuffaro e Berlusconi, che almeno ci provano.

giovedì 5 marzo 2009

Stop al panico! ...solo su Porta a Porta.

L’ho sempre detto: il Ministro della Paura merita di diventare Presidente del Mondo. Il suo futuro ricco di delizie è solo un modello da raggiungere al più presto. Ecco perché possiamo gridare tutti insieme: più psicofarmaci per tutti. Peccato non averlo visto nello studio di Porta a Porta, sicuramente ci avrebbe reso partecipi dei suoi spunti, della sua cultura, di come la nostra società sia in continua ricerca di una felicità data solo dagli psicofarmaci. E qualcuno potrebbe obiettare: si ma, ieri da Vespa, c’era anche uno psicologo posizionato contro l’utilizzo degli psicofarmaci, ma la risposta è presto detta: sei libero di non assumerli, ma sicuramente ti faranno bene, almeno questo è stato il messaggio spedito nella testa della gente. Vedere infatti trattare a Porta a Porta un argomento così delicato, come gli attacchi di panico, è stato “proficuo” e “fruttuoso”, un servizio pubblico utile, che ha riempito lo spazio della seconda serata col solito tocco da cerebrolesione che rende di una tinta monocromatica la stragrande maggioranza dei programmi Mediaset-Rai. Da ignorante non so dire quanto sia stata “precisa” quella trasmissione, dovrebbe esser un neurologo o uno psicologo a esprimere un giudizio tecnico, di certo, quelli che stavano ieri sulle bianche poltrone di Vespa, non hanno dato un grande esempio di ricerca scientifica: da una parte Crepet (lo psicologo contro i farmaci), dall’altra Sorrentino (il neurologo a favore dei farmaci). Ognuno dei due esperti proponeva le sue idee, le sue posizioni. Personalmente mi ritrovavo in tutti e due le forme di ragionamento, nessuno dei due, in fin dei conti, diceva cose sbagliate, ognuno aveva delle basi solide su cui poggiare le proprie tesi; erano entrambi, almeno dal mio punto di vista, esperti in ciò che dicevano; sarebbe stato bello se, intorno a un tavolo senza Vespa, avessero discusso e si fossero allineati su obiettivi comuni.
Invece, un argomento così serio, veniva trattato come fossero beghe condominiali, alla stessa maniera di come poi i vari Vespa e Matrix trattano anche l’energia nucleare, i diritti di sciopero, l’immigrazione, le politiche sulle droghe, l’inquinamento, la sicurezza sul lavoro, e tutti gli argomenti più delicati; e se da una parte c’era un difensore delle tecniche psicoanalitiche, dall’altra naturalmente il difensore del trattamento farmacologico: dicotomia equivale al conflitto, conflitto equivale ad audience e disinformazione. Non si vedeva uno spiraglio tranne che nell’utilizzo degli psicofarmaci. Non v’era una direzione d’intenti comuni, ognuno posto sulla propria rocca a difendere le proprie posizioni, e non so cosa abbia appreso il pubblico di Porta a Porta da un simile caos intellettuale. Personalmente mi aspettavo frasi del tipo: “il trattamento coi farmaci va bene in certi casi, ma a lungo andare sarebbe meglio utilizzare gli strumenti della psicologia”, oppure: “la psicologia non può intervenire laddove le crisi sono da affrontare in maniera rapida e decisa”, o ancora: “i problemi si affrontano all’origine, ma bisogna agire anche sui sintomi”, o molto più semplicemente: “in certi casi è utile il farmaco, in altri l’analisi”. Nulla di tutto ciò è stato fatto trasparire. Non si è capito nulla, sembrava, lo ripeto, una partita di calcio dove ognuno difendeva la propria squadra, con un arbitro, Vespa, che leggiadro svolazzava coma una goffa “ballerona” tra le poltrone degli ospiti, con la sua voce rassicurante, la sua piena saggezza in ogni dove. E per un argomento scientifico-sociale, servivano degli ospiti con alle spalle decine di pubblicazioni. Grandi ospiti, …e che ospiti! Tutti illustri luminari delle scienze della mente: un attrice di fiction Mediaset-Rai che partecipa spesso a Porta a Porta o Matrix, la vincitrice della talpa, Califano, e qualche altro elemento dello show business messo lì a raccontarci le sue opinioni personali sugli attacchi di panico. Un gran bello spettacolo. Un sistema di disinformazione medica che ha qualcosa di aberrante, soprattutto se consideriamo il target di quella trasmissione, che di sicuro riceverebbe un servizio più utile se argomenti del genere venissero trattati più seriamente, in maniera da far capire qualcosa, in modo da non suddividere il mondo, come avviene spesso, in due categorie, le cure in due forme di pensiero: bisognerebbe invece chiarire le idee e far un quadro il più possibile razionale, così da lasciar il telespettatore libero, e istruito, d’interpretare i contenuti. Ma creare disordine, confusione, una caciare provocata da due “scienziati” che sembravano due giovinetti ad Amici della De Filippi, non porta da nessuna parte, significa produrre merxa. Significa votare il Ministro della Paura e il suo mondo di psicofarmaci.
W il Ministro della Paura.

martedì 3 marzo 2009

La "maggioranza" a Che Tempo Che Fa

Alla fine Endemol è Endemol. E Fazio è Fazio. Un personaggio simpatico e intelligente (come gran parte dei presentatori) che però alterna "finti stati" di sottomissione e sudditanza, ad atteggiamenti risibili e quasi infantili. E’ chiaro, naturalmente, che sono comportamenti fittizi, fanno parte del personaggio, e non di rado sono anche divertenti e pungenti, ma di sicuro il grado ti tollerabilità e piacere, scema proporzionalmente nel momento in cui queste movenze sono rivolte a personaggi, dal mio punto di vista, squallidi e mediocri. Quando invece il presentatore incontra personalità di rilievo artistico e culturale, mantiene quella parvenza di purezza che fa divertire, e condisce un intervista che altrimenti potrebbe risultare noiosa. Ma dove sta allora il fattore Endemol? Beh, di sicuro nell’artificiosità del programma: come in tutti prodotti berlusconiani, la sporcizia e la finzione non hanno limiti: appiattire il degrado al pari dell’eccellenza è un qualcosa di orrendo, che va contro i canoni di una pulita analisi intellettuale degli avvenimenti e della realtà. In questo weekend la trasmissione del terzo canale RAI ha dato esempio di ciò, e non parlo dell’intervista a Franceschini, avvenuta caso strano (ma giustificabile) pochi giorno dopo l’elezione da capo del PD, parlo dell’intervista con un elemento la cui storia personale, in un paese dell’Europa civile, lo avrebbe fatto relegare al massimo come consigliere comunale in un comune di provincia, ma che qui nello stivale è divenuto nuovamente ministro: Pisanu. Basta leggersi una biografia su wikipedia, oppure scrivere “Pisanu P2” nel campo di ricerca di Google, per rendersi conto di che precedenti politici abbia. Adesso è presidente della “Commissione Parlamentare Antimafia”, ecco perché il buon Fazio lo chiamava appunto “presidente”, ma siamo ormai rassegnati che i titoli onorari difficilmente si alienano dal personaggio a cui sono stati assegnati anche per una sola ora.
Questo weekend l’ex ministro ha fatto un discorso serio e realmente umano, ha mostrato una certa propensione all’accoglienza nei confronti della diversità e degli immigrati, ha difeso la libertà della persona nei confronti di uno Stato invasivo, ha criticato in un certo senso il suo collega Maroni per quanto riguarda le ronde, ha mostrato d’essere una persona illuminata e moderata. Ma allora il fattore Endemol dove sta? Perché queste illazioni sulla P2 e sul suo passato politico? Il cosiddetto fattore Endemol è il preludio per goderci un intervista fatta di applausi scroscianti, anche a fronte di banalità trite e ritrite che chiunque sarebbe in grado di ribadire se fosse intervistato in un contesto politico; applausi anche alla minima “minchiata”, come se a parlare fosse il Papa o un premio Nobel: mancavano solo le ristate finte alla Ricci (Striscia la Notizia e affini) per fare la zuppa completa. Altro fattore è la durata: non so se sia per mancanza di ospiti, ma 21 minuti di ordinarie e insipide riflessioni, mi sono sembrati veramente eccessivi. Per quanto riguarda le illazioni sulla politica e la P2, gli spunti che supportano la mia tesi non sono certo mancati, delle lucette che se spiattellate al di fuori della trasmissione, sarebbero state notate anche da un cieco, piccoli passaggi che fanno percepire e trasudare un complesso sistema ideologico e umano, che in realtà tanto complesso non è. Di seguito alcune frasi estrapolate:
“Le emozioni ci dominano, tra queste la paura”
“Dovremo, mediamente, importare 300000 paia di braccia”
Domanda: “Crede che ci sia per il nostro paese un pericolo di ritorno a fasi che, insomma, tanto vorremo dimenticare, intendo quelli degli scontri sociali, della violenza?”
Risposta: “Temo di si. Perché le difficoltà economiche creano disagio sociale. Il disagio sociale accende inevitabilmente la conflittualità, e nelle zone di conflitto normalmente s’inseriscono gruppi eversivi con l’obbiettivo di dirottare le forme più legittime di protesta (*) verso esiti eversivi, e questo, come dire, questa è quasi una regola, perciò ci dobbiamo preparare a fronteggiare difficoltà come queste, tenendo conto che non c’é oggi unità tra le organizzazione sindacali, e questo è un male.”
Le conclusioni, eccetto naturalmente per questi spunti sopra citati, sono chiare: far apparire una maggioranza non omogenea, dove le anime più moderate possono tenere a freno le spinte più passionali, passioni che agli occhi di molti non sono del tutto sbagliate, soprattutto se supportate da media che amplificano ogni minimo “rumore” di pericolosità e azione, e se oggi è Pisanu, domani sarà Gasparri, o Fini. Immaginate adesso questo tipo di politica, in una trasmissione col target di “Che Tempo Che Fa” (di sicuro non lo stesso del Grande Fratello), un pubblico che magari è anche disattento, e coglie solo un esteriore parvenza di normalità, di democrazia, di progresso. Ma adesso c’è solo una domanda che verrebbe spontanea: quanto è responsabile Endemol di ciò? Quanto sono responsabili la RAI e gli autori? Sono solo illazioni, o c’è della verità?

(*)Per questo si stanno studiando leggi che limiterebbero i diritti di sciopero?

lunedì 2 marzo 2009

La terza faccia dell'Italia

Non è difficile osservare, anche senza la mediazione televisiva, un’Italia con varie facce, un paese dalle molteplici sfaccettature. Luci e ombre s’alternano, passato e futuro s’intrecciano, e grazie (o per qualcuno “a causa”) a Riccardo Iacona, abbiamo potuto farci un idea di come lo stivale stia evolvendosi o regredendo. Ed ecco che ci siamo ritrovati ad affrontare due Italie, due facce. La prima era brutta, spenta, buia. Un’Italia dove imprenditori investono tutto il fatturato nella propria azienda, nello sviluppo di tecnologie future e nella ricerca; luoghi dove vengono costruite strutture che riproducono le condizione di temperatura e pressione dello spazio: in modo da testare i satelliti o parti di essi; laboratori che sviluppano valvole cardiache che andranno a rimpiazzare i vecchi trapianti, o materiali ultraporosi in cui verranno fatti crescere pezzi di tessuti umani; imprese che assumono e non licenziano; insomma: un brutto esempio di come le cose non dovrebbero andare mai.
Ma poi, finalmente, dopo interi minuti che imprecavo e mi stracciavo le vesti, ho potuto guardare l’altra faccia, ho finalmente ritrovato l’Italia che, volenti o nolenti, gli italiani hanno scelto: un paese gioioso e vivo, un luogo dove ingegneri e medici, dopo anni di instabilità lavorativa, vengono cacciati dal proprio posto di lavoro; ospedali che tagliano il personale e riducono i letti per la degenza; precari senza diritti; lavoratori mandati a casa perché meno utili della concorrenza a basso costo di altre nazioni; laboratori in oscuri box e confusi scantinati; ricercatori che vanno in Danimarca per lasciar spazio al raccomandato di turno; insomma: questo è il Paese che abbiamo scelto, questa è l’Italia che ha un futuro.
Ma allora mi chiedo: perché ci hanno fatto vedere quel quadretto che tanto non piace al nostro panorama dirigenziale tranne che a qualche sparuto pazzoide? Perché dobbiamo far apparire il nostro paese simile a quei barbari del Nord Europa o del Nord America? Forse la spiegazione sta nel fatto che la trasmissione di Iacona ha delle influenze comuniste, RaiTre è notoriamente comunista, ma non escludiamo che possono esserci anche delle intromissione extracomunitarie, o addirittura rom: meglio quindi esser cauti. Ed ecco perché adesso mi assale un dubbio: non era forse meglio se avessi optato verso una terza faccia, se avessi guardato qualcos’altro? Non era più proficuo se avessi scelto un qualche canale libero, uno dei telefilm che ieri sono andati in onda? C’era di sicuro una vasta scelta: il Dottor Casa, Numeri e Menti Criminali, Ciska. Oppure avrei dovuto optare per una sexycamera o una qualche commediola su SKY; o quanto meno dirigere la mia attenzione sulla magnificenza del cosmo: e ieri c’era addirittura Inter-Roma. Insomma: non è bello vedere che in Italia ci sta gente che pensa ancora di eguagliare o imitare gli incivili nord europei, noi abbiamo nuovi alleati, nuovi modelli: abbiamo Putin, abbiamo Gheddafi, abbiamo i cinesi, i birmani, gli iraniani e i nord coreani, questi sono i modelli da seguire, questo è il futuro.