mercoledì 15 luglio 2009

Borromeo, Vauro e la Bignardi all'Era Glaciale

Il 16 luglio 2009, tra le 0:45 e l’1:25 (di sicuro un audience spaventoso...), è andato in onda uno di quei prodotti nei quali la presenza dell’intervistato è fondamentale a determinarne la qualità. Certamente è importante anche il conduttore, ma in questo caso la sua figura è stata per certi aspetti imbarazzante. E imbarazzante è anche poco.
Il prodotto in questione è il famoso pezzo, dell’Era Glaciale (su RaiDue), in cui la giornalista Borromeo e il vignettista Vauro sono stati intervistati dalla conduttrice Daria Bignardi. Il programma, registrato a maggio, fu bloccato dal direttore della rete Marano (in sintonia con la Lega) per motivi di par condicio, ma furono in tanti a sentire odore di censura. E difatti, vedendolo oggi, nelle parole degli invitati non sono risuonate grosse novità rispetto a quanto fu detto in quei giorni, ovvero le critiche al “Presidente del Consiglio” (nella vicenda della velina che festeggiò i 18 anni avendo come ospite il sultano). Altri nomi di politici o di partiti, eccetto che per un paio di brevi esempi sulla trasmissione "Annozero", non ne sono stati fatti, e il “Presidente del Consiglio”, carica istituzionale ai massimi livelli, non può restare scevro, almeno in una democrazia, da critiche sul suo operato (visti ad esempio gli utilizzi dei “voli di Stato”) e sulle sue dichiarazioni. E se paradossalmente si volesse trovare il pelo nell’uovo, se si volesse cercare come scusa alla censura la mancanza della controparte, in realtà la controparte c’era: era Daria Bignardi. Durante tutta l’intervista ha cercato di “ammorbidire” i giudizi sul premier, evocando addirittura la mancanza di Ghedini come difensore, e ha provato a smontare la tesi secondo la quale in Italia esisterebbe un regime nell’informazione: ed è su questo ultimo punto che s’è dilungata di più. Davvero un pessimo esempio di conduzione.
C’ha provato in tutte le maniere: dal cercare di “convincere” gli ospiti che la loro era una opinione personale, al parare i colpi della “verità” tentando di persuadere la Borromeo a non dividere i giornalisti in buoni e cattivi (cosa che ella non ha fatto), ma la ciliegina sulla torta è stata la solita pappardella che si utilizza generalmente per negare l’esistenza di una informazione “malata”: l’insulto agli elettori che si fanno plagiare da questo sistema mediatico. Peccato che nessuno abbia citato le relazioni di “Freedomhouse”, e peccato che nessuno abbia risposto che la gente non è stolta, cerebrolesa o ritardata, ma è più plausibilmente distratta, poco attenta alle faccende politiche nei suoi particolari, fiduciosa nei confronti dei giornalisti, dei media e dei politici. E ognuno deve prendersi delle responsabilità in ciò che fa e produce.

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