giovedì 31 dicembre 2009

Repressione in Iran... ma non solo

Un Iran dispotico potrebbe essere definito come un luogo non ameno per lo sviluppo del mondo. Tutte le dittature sono un rigetto del mondo. Una “stranezza” che affonda le proprie forze nella violenza e nelle armi.
Forse i media stanno spingendo il “problema Iran” per allungare una mano verso lo stato di Israele, o per paura che una potenza come quella iranica diventi un elemento di squilibrio nel contesto mondiale e specialmente in quello d’oriente (un nuovo Saddam), o forse perché è davvero un peccato che una nazione così, con una storia che è centrale nel mondo al pari della sua posizione geografica, sprofondi in un baratro distruttivo (anche per il resto del mondo). Purtroppo l’Iran è solo un tassello nel puzzle delle dittature (non si sa se è tra le più dure visto che ci sono ancora manifestazioni e blog). Spesso gli omicidi, i liberticidi e le sopraffazioni “animalesche” di tanti altri regimi vengono trascurati, o vengono trattati solo di rado. Il caso più eclatante è la Cina: la dittatura più grande del mondo. Sono rari e sporadici, ma tutti importanti e fondamentali, gli articoli che ci arrivano dal Turkestan Orientale o dal Tibet (metà di quella Cina occupata militarmente); sono copiose e odiose le notizie sulle condanne a morte; così come incredibili per la loro semplicità (analisi elementare della realtà) le notizie di censure sul web e fuori. Poi ci sono tutti gli altri paesi dell’asse sino-sovietico: Vietnam, Birmania, Nord Corea, ecc… Una massa informe di color rossastro. Spostandoci dall’altra parte troviamo il Sud America, l’Africa e qualche altro paese asiatico o europeo: tutti sotto la stessa bandiera del degrado della civiltà umana e sociale. Attualmente la priorità viene data all’Iran, ma la vecchia Persia è solo la prima di una lunga serie.
Le dittature, anche se nei metodi possono a volte risultare complesse (dipende essenzialmente dalla tecnologia e dalla cultura, tra l’altro sviluppate maggiormente in contesti di libertà e progresso), nelle mire sono semplici ed elementari: feromone, cioccolata, petrolio, cemento ed armi. Le democrazie sono leggermente più complesse, e analizzarle, senza ricorrere a pregiudizi e limitazioni, è cosa non facile. Una critica deve essere ponderata, realista, non può prescindere da tutte le forze in gioco, e soprattutto deve tendere a migliorare ciò che già esiste. Nell’ambito di una dialettica di questo tipo, in un confronto costruttivo con un'altra persona, non bisogna mai dimenticare un quesito che giustamente e normalmente emergerebbe, con l’ipotetico interlocutore che direbbe pressappoco così: “Non devi lamentarti e dire che vivi in un paese pseudo o poco libero anche se democratico, perché ci sono posti, vedi l’Iran, dove non puoi esprimere le tue idee, dove non puoi proprio lamentarti” La risposta alla suddetta massima è presto detta: “Se sono nato in un paese democratico, se vivo in un paese democratico, se ho respirato democrazia per tutta una vita, è logico che il mio modello di riferimento socio-politico è direttamente proporzionale allo status in cui ho vissuto, se fossi nato in una dittatura mi accontenterei delle poche libertà a cui posso mirare, ma stando in un determinato contesto cercherò di apportare miglioramenti in quel contesto stesso, insomma: studiare il passato mirando al futuro”.

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